La depressione comporta dei costi sia per la società che per la persona che soffre di questa condizione debilitante. Un recente report suggerisce che un sostegno esteso al reintegro sul posto di lavoro delle persone con depressione, fornisce importanti vantaggi economici, oltre ad offrire un aiuto alle persone interessate.
Quadruplicato il tasso medio di redditività
Un nuovo studio condotto dalla OMS ha determinato per la prima volta i vantaggi sia economici che di salute dell’investimento nel trattamento delle forme più comuni di malattie mentali.1 Gli autori hanno calcolato i probabili costi di trattamento e gli esiti sulla salute in 36 Paesi tra il 2016 ed il 2030. Nel modello dello studio sono stati inseriti l’aumento lineare nella copertura del trattamento e un modesto (5%) incremento della capacità lavorativa e produttività come risultati del trattamento.
Il costo calcolato per l’estensione del trattamento di ansia e depressione potrebbe sembrare elevato – una stima di 147 miliardi di dollari americani. In realtà tale cifra rappresenta un buon investimento, perchè ogni dollaro speso porta a un ritorno di 4 dollari risparmiati grazie al miglioramento dello stato di salute e della capacità lavorativa.
Speculare per accumulare
Il confronto tra i Paesi fa emergere lievi differenze: il ritorno dell’investimento è compreso tra le 3,3-4 volte la spesa sostenuta. Sembra che i Paesi con un reddito basso abbiano un ritorno dell’investimento inferiore. Ma non si tratta soltanto di soldi. È previsto un guadagno di 43 milioni di anni extra di vita in buona salute nel periodo 2016-2030, come risultato dell’investimento complessivo.
Questa è certamente una buona notizia per i pazienti. Resta da vedere come risponderanno i governi in merito. Ma, come affermano gli autori, le informazioni contenute nel loro articolo “possono contribuire a un caso di investimento equilibrato per i disturbi mentali comuni e per il settore sanitario più in generale.”
Depressione - incompresa
Dovremmo essere ottimisti e sostenere con entusiasmo un investimento nelle malattie mentali? Probabilmente no – a meno che ci sia un cambiamento nella percezione delle malattie stesse. Nel Regno Unito, ad esempio, sia gli enti di finanziamento che l’opinione pubblica non percepiscono la salute mentale così importante – in termini di contributi economici per la ricerca – come il cancro.
Si consideri che2:
Nel 2011, per ogni paziente affetto da tumore nel Regno Unito sono state spese 1571 sterline per la ricerca. Per ogni paziente con malattia mentale, la spesa è stata di 9.75 sterline.
Per ogni sterlina spesa dal governo per la ricerca sul cancro, la popolazione ha donato 2.75 sterline. Ad ogni sterlina spesa dal governo per la salute mentale, 0.003 sono state donate dalla popolazione.
La gran parte dei fondi per la salute mentale supporta la ricerca di base. Decisamente meno fondi vanno alla prevenzione, individuazione e screening, o allo sviluppo di nuove terapie per le malattie mentali.
Un confronto sulla spesa della ricerca nella salute mentale vede, in ordine crescente di stanziamenti: disturbi dell’alimentazione, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), depressione, autismo e – distanziato al primo posto – le psicosi (disturbo bipolare e schizofrenia).
Per paziente, la depressione riceve solo un quarantesimo dell’importo speso per le psicosi. Ciò probabilmente riflette la percezione della gravità della malattia. È chiaro che la depressione ha bisogno di una campagna più estesa di sensibilizzazione.
Una terapia – due successi
Se l’ansia e i disturbi d’ansia sono fattori di rischio nonché precursori della depressione secondaria3,4, il beneficio ottenuto dall’investimento nel trattamento della salute mentale potrebbe potenzialmente superare di 4 volte il valore investito. Questo perchè la gestione dell’ansia, ad esempio attraverso l’uso della terapia cognitivo-comportamentale (CBT), rappresenta anche una terapia antidepressiva efficace per la depressione concomitante negli adulti.5
Inoltre, è stato suggerito che prevenendo se si può prevenire precocemente l’ansia, idealmente già nell’infanzia, si potrebbe scongiurare anche la comparsa della depressione secondaria.
Lo studio MARI
Come primo passo, lo studio in corso dal nome Maternal Anxiety in Relation to Infant development (MARI)6 , si propone di indagare in modo prospettico lo sviluppo della prole di donne con e senza disturbi d’ansia prima del concepimento. Lo studio copre il periodo che va dalla fase iniziale della gravidanza alla prima infanzia. Particolare attenzione viene posta sugli outcome relativi alla prole, che potrebbero essere indicatori precoci di disturbi d’ansia tardivi. I risultati, attesi con impazienza, dovrebbero fornire importanti spunti e indicazioni per una prevenzione mirata e un intervento precoce nell’ansia e nella depressione.