Depressione –essere lunatici o difetto cognitivo?

Una serie affascinante e forse controversa di articoli di revisione della letteratura recentemente pubblicati sul tema "Disturbi bipolari” sotto il titolo comune “RiConoscere i disturbi dell'umore” potrebbe essere di grande interesse per chi tratta i pazienti affetti da depressione. Affascinante perché i revisori cercano di dare alla cognitività – un aspetto della depressione spesso trascurato – un posto centrale in qualsiasi scenario diagnostico.

Controversa perchè, per fare ciò, gli psichiatri potrebbero dover pensare come se fossero psicologi.

È impossibile che i pazienti valutino il proprio umore in modo accurato e una valutazione soggettiva non è un sintomo ideale su cui basare una diagnosi. Tipicamente, i pazienti depressi presentano sintomi somatici e una  depressione lieve.1  Durante la visita dal proprio medico curante, i pazienti lamentano pensieri confusi o scarsa memoria e compromissione delle capacità sia domestiche che lavorative. Scrivono Baune, Malhi e Porter nell’editoriale di accompagnamento: "Si tratta, probabilmente, di una compromissione del funzionamento [e non dell'umore] che è il sintomo più importante e più attendibile di un disturbo dell'umore". Ma, quando un paziente viene visitato da uno psichiatra, quanto spesso viene esaminata o discussa la sfera cognitiva?

Gli psichiatri raramente danno il giusto peso o importanza alla cognitività.  

Le sindromi sono costrutti reali o artificiali?
Considerando la checklist usata dagli psichiatri per definire i disturbi dell’umore , dove si inserisce la valutazione dei processi di pensiero e / o delle funzioni cognitive?

Tipicamente, i sistemi di classificazione psichiatrica prendono in considerazione le sindromi – gruppi di sintomi a volte disparati che per qualche motivo si presentano insieme. Gli autori dei lavori di revisione contestano questi raggruppamenti artificiali. Un’obiezione è che ai sintomi di una stessa sindrome viene dato il medesimo peso, anziché essere valutati in base alla loro importanza. Sembra ragionevole suggerire che anedonia e senso di colpa possano pesare di più nel disturbo depressivo maggiore (DDM) che, ad esempio, nei disturbi del sonno o dell’appetito. Allo stesso modo, ai sintomi associati alla sfera cognitiva non viene dato il peso che meritano.

Pensare alla psicologia - pensare alla cognitività 
A differenza degli psicologi, che considerano i disturbi dell’umore e la depressione principalmente frutto dei disturbi del pensiero, gli psichiatri li considerano prevalentemente come disturbi dell’umore. Quindi, gli psichiatri  dovrebbero iniziare a pensare come gli psicologi, iniziando a considerare la sfera cognitiva? Secondo Baune e colleghi, sarebbe utile riformulare la domanda “Come si sente?” con “Cosa ne pensa di come si sente?”.

Molti modelli di disturbi dell’umore condividono gli stessi componenti principali: emozione, cognitività e comportamento.

Le revisioni riassunte in questo e in un altro articolo suggeriscono come le due scuole di pensiero possano unire le proprie conoscenze per migliorare la diagnosi e la gestione dei disturbi dell’umore dal punto di vista cognitivo.

Entrambi gli approcci cercano di spiegare il disturbo dell’umore in termini di malfunzionamento dei meccanismi neurali. A prescindere dalla scuola da cui provengono – i modelli psicologici o psichiatrici dei disturbi dell’umore condividono le stesse componenti principali: emozione, cognitività  e comportamento.

Studiando i processi neurali alla base di queste componenti principali da un punto di vista neurocognitivo, sarebbe possibile comprenderle meglio. 

Una comunanza di caratteristiche cognitive chiave nella ​​depressione
Malhi et al. hanno rivisto la letteratura sui modelli cognitivi e neurobiologici più importanti e hanno identificato tra loro diverse similitudini.2

Il neuroimaging funzionale è lo strumento di indagine chiave e il suo impiego ha sostenuto lo sviluppo di diversi modelli di neurocognizione nei disturbi dell'umore. Mentre i modelli possono risultare significativamente diversi, tutti descrivono aspetti e deficit cognitivi importanti associati ai disturbi dell’umore: rivalutazione, attenzione, ruminazione, elaborazione della ricompensa e motivazione, inibizione della risposta e impulsività, e stabilità dell'umore.

I processi cognitivi si identificano nei modelli neurocognitivi dei disturbi dell’umore inclusa la depressione.

Rivalutazione

Una strategia cognitiva adattabile e la base di CBT, la sua soppressione è associata a deficit cognitivi e di memoria. Nel DDM la rivalutazione è ridotta rispetto ai controlli. Ciò può contribuire allo sviluppo e mantenimento di sintomi depressivi.

Attenzione

Ripartizione e controllo dell’attenzione sono strategie cognitive che influenzano e controllano gli stati emotivi e le risposte. Un disturbo della ripartizione e del controllo dell’attenzione potrebbero essere entrambi fattori di rischio nel DDM.

Ruminazione

Un’auto-focalizzazione involontaria come meccanismo di adeguamento allo stress provoca disadattamento nel DDM.

Elaborazione della ricompensa e motivazione

L’anedonia è ampiamente considerata un sintomo definitivo di DDM e i deficit nell’elaborazione della ricompensa sono fortemente coinvolti nella sua eziologia 

Inibizione della risposta, impulsività, e stabilità dell'umore

Questi aspetti sono considerati deficit cognitivi importanti nel DDM, anche se più spesso associati al disturbo bipolare.

Se le disfunzioni principali del disturbo dell’umore sono di origine neurocognitiva e i trattamenti possono essere mirati in maniera diretta, si può ottenere un miglioramento dei sintomi.

Cognitività e clinica
La comunanza di aspetti cognitivi chiave nella depressione va benissimo, ma questo come può aiutare nella pratica clinica?

Un potenziale beneficio è il miglioramento della gestione. Un ampio gruppo di evidenze sostiene l’uso nel DDM sia della terapia cognitivo comportamentale (CBT) che farmacologica.5,6,7

È interessante notare come il neuroimaging e la valutazione delle basi neurali sottese ai cambiamenti causati da ciascuna di queste terapie hanno mostrato differenze nei loro meccanismi. Ad esempio, un metabolismo del glucosio più lento nell’insula anteriore destra è correlato ad una migliore risposta alla CBT, mentre un suo aumento riflette una risposta migliore al trattamento farmacologico. 8

Pertanto, esiste la possibilità di adattare le terapie a particolari caratteristiche dei pazienti depressi.