Miglioramento cognitivo e capacità di pensiero: possono essere trasferiti nella vita di tutti i giorni?

La metacognizione attualmente viene esaminata come un potenziale metodo per migliorare il trasferimento delle abilità, apprese attraverso la cognitive remediation (CR), nella vita quotidiana dei pazienti. Intanto, cresce sempre di più l’evidenza del potenziale costo-efficacia della CR, e del trial innovativo su persone a rischio elevatissimo di transizione alla psicosi.

Un focus sulla metacognizione (capire come monitorare e valutare le performance cognitive e utilizzare e descrivere strategie per ottimizzare la capacità di pensiero) può massimizzare il trasferimento delle migliorate capacità cognitive nella vita di tutti i giorni. Almeno, questo è lo scopo di Matteo Cella (King's College, Londra, Regno Unito) e colleghi che hanno sviluppato un programma computerizzato per incoraggiare i pazienti “a pensare”.

La cognitive remediation non è fine a se stessa, ma è un mezzo per migliorare il funzionamento (interesse primario per molti pazienti).

Molte persone affette da schizofrenia presentano deficit diffusi nelle capacità cognitive e, in media, ottengono un punteggio più basso di circa una deviazione standard rispetto alla popolazione generale, su test cognitivi. Questi deficit sono una delle cause per cui si riscontra maggiore difficoltà nel raggiungimento e mantenimento di un certo livello di istruzione, occupazione e qualità di vita sociale.

I tentativi di cognitive remediation mirano non solo al ripristino delle capacità cognitive ma anche, attraverso questo, al miglioramento della funzionalità, interesse primario per molte persone affette da schizofrenia. E la cognitive remediation porta ad un modesto raggiungimento di questo obiettivo: le meta-analisi mostrano un effect size di circa 0,45 in relazione alle prestazioni cognitive e di circa 0,42 in relazione al miglioramento della funzionalità a sei mesi dall'intervento.

Incoraggiare il trasferimento delle capacità nella vita quotidiana

Fondamentale per l'efficacia della cognitive remediation (CR) è il trasferimento delle migliorate capacità nella vita quotidiana. Questo è mediato da una serie di fattori, tra cui la motivazione e la metacognizione (che, per esempio, comprende approfondimenti sulla necessità di pianificazione, monitoraggio e valutazione delle prestazioni, e la consapevolezza dei possibili effetti di cambiamenti dell'umore) e il ruolo delle strategie compensatory.

I problemi cognitivi sono predittivi della scarsa funzionalità e rappresentano una barriera nel recupero funzionale

Il professor Cella e colleghi hanno sviluppato il programma CIRCuiTS che incoraggia le persone a riflettere sui proprio obiettivi e strategie e a sviluppare conoscenze sulle proprie capacità cognitive. Il programma, in parte guidato dal terapeuta e in parte computerizzato, è adattato agli obiettivi del singolo paziente e mira al raggiungimento di un impegno minimo di venti ore.

In un piccolo trial randomizzato sull’aggiunta di CIRCuiTS al “consueto" trattamento, si è visto che questo nuovo intervento ha migliorato significativamente il funzionamento dei pazienti alla fine del programma, tuttavia tali risultati non sono stati mantenuti al successivo follow-up a sei mesi, suggerendo che i pazienti necessitano di un supporto continuo dopo la fine del programma. In ogni caso, questi risultati iniziali sono sufficientemente incoraggianti e indicano la necessità di maggiori studi valutativi.

Il risanamento cognitivo aumenta l'interesse per la riabilitazione

“Gli studiosi in Italia hanno scoperto che la cognitive remediation (CR) nelle persone con schizofrenia ha effetti sull'utilizzo di servizi psichiatrici che persistono per almeno tre anni. Il pattern è rappresentato da minori bisogni per il trattamento in fase acuta, in particolare per quanto riguarda l’ospedalizzazione, e un maggiore impegno con i servizi di riabilitazione ambulatoriale”. Questo è ciò che ha dichiarato Antonio Vita (Università di Brescia, Italia) alla riunione annuale dell'EPA a Nizza.

La ridotta necessità di trattamento in fase acuta, in particolare l'ospedalizzazione, e un maggiore impegno con i servizi di riabilitazione ambulatoriale possono portare al miglioramento delle abilità cognitive

Questi nuovi dati provengono dal follow-up a lungo termine di uno studio randomizzato che ha visto l’aggiunta della CR al consueto trattamento. Nel braccio dello studio con CR, i giorni di ospedalizzazione in una unità di terapia intensiva erano sostanzialmente inferiori al pre-trattamento a tre e cinque anni. Anche se i giorni in ospedale risultavano diminuiti tra i pazienti con trattamento “consueto”, le differenze rispetto al pre-trattamento non erano significative.

Nel gruppo con CR, il numero totale di interventi ambulatoriali al mese era significativamente più alto rispetto ai livelli di pre-trattamento, tre anni dopo la CR (ma non a cinque anni). Tra i pazienti assegnati al trattamento “consueto”, non vi è stato alcun aumento sostanziale.

Il passaggio ad una assistenza community-based, inclusi i complessi sforzi di riabilitazione, possono riflettere le migliorate capacità cognitive del gruppo di intervento, ha suggerito il professor Vita.

Uno studio innovativo coinvolge persone ad alto rischio

Si è visto che il rischio di psicosi ultra-elevato è associato a un minore riconoscimento delle emozioni

La professoressa Merete Nordentoft (Centro di salute mentale, Copenaghen, Danimarca) e i suoi colleghi hanno trovato che le persone ad alto rischio di psicosi mostrano, rispetto ai controlli sani, un deficit nella cognizione sociale, nelle capacità sociali e nell’abilità di riconoscere emozioni come rabbia, disgusto e paura. Nel tentativo di affrontare questi problemi, la prof.ssa e i suoi colleghi sono impegnati in un trial controllato e randomizzato di neurocognitive e social cognitive remediation in aggiunta ad un trattamento standard rispetto al solo trattamento standard.

Questo studio, denominato FOCUS, è considerato il primo intervento mirato in una popolazione ad alto rischio di sviluppo di psicosi (circa un terzo di questa popolazione infatti svilupperà psicosi entro tre anni). L’arruolamento prevede 140 persone e i dati di follow-up dovrebbero essere disponibili entro la fine del 2018.